Amiamoci e Amiamo

Attivo il timer dell’orologio. 5 minuti. La prima sessione è di respirazione. Chiudo gli occhi e inizio a sentire il mio respiro. È di pancia. Il fiato entra ed esce. Arrivano tanti pensieri. Cosa devo fare questa mattina. Le parole dette e ascoltate ieri sera. Riprendo il controllo, ritrovo le sensazioni dell’ascolto nel presente. Il respiro. I suoni, la sensazione della sedia, la parete davanti a me. L’essere qui. Il respiro entra ed esce. Sono qui. Accentuo il sorriso e inizio a cercare quello dei bambini. Nel bosco delle fate. I colori, i suoni, i loro volti sorridenti. Sento il calore, l’energia di quel momento. Tutto risplende. L’amplifico, ci giro intorno. Mi ci immergo. Il bosco, loro, l’energia delle loro risate. Siamo un tutt’uno. Mi astraggo, divento spettatore, contemplo quella scena. Contemplo la Vita, che è Amore per la Vita. Suona il timer, apro gli occhi. Tutto è chiaro e limpido.

La cosa più importante è l’Amore. L’essere e l’agire per il Bene. Per Amore, per il Bene. L’Amore più importante è quello per noi. Partendo dal volere il nostro bene arriviamo a volere il bene per tutti, per tutto.

Amiamoci, pensiamo ed agiamo per il nostro bene. Non giudichiamoci, accettiamo e accogliamo con amore come siamo. Amiamo come siamo. Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, siamo liberi nel nostro presente di essere e agire per il bene.

Il Bene è assoluto, non esiste un bene che sia male per altri, per altro.

Amarci non può essere altro che Amare tutti e tutto. Volere il nostro bene non può essere altro che volere il bene di tutti e del tutto.

Sono convinto che questo sia il Sacro Graal tanto cercato. Vivere è Amore.

Grazie Vita! Ti Amo Vita!

 

Le squadre di valore hanno i bagni puliti

Sette di mattina, arrivo in ufficio e vado in bagno a fare la pipì. Il bagno è sporco, ieri abbiamo avuto “ospiti” poco educati. Tiro l’acqua, mi lavo le mani, cerco il mocio e il secchio, metto i guanti, passo il pavimento, poi col disinfestante il WC. Mentre pulisco mi chiedo cosa passa nella testa delle persone che sporcano e non puliscono. Mi chiedo come fanno ad accettare che sia qualcun altro a pulire la loro pipi. Posso capire gli anziani, ma ieri c’erano persone giovani. Metto a posto tutto e vado nel mio ufficio di amministratore delegato.

Non è stata la prima volta, anche se spero sia l’ultima. La speranza non è quella di non trovare più il bagno sporco, ma quella che le persone abbiano rispetto per gli altri e per se.

Senza “ospiti”, il bagno del nostro ufficio rimaneva pulito. Anche questo era un elemento del nostro successo.

Rispettare gli altri: se fossi uscito da quel bagno senza pulirlo avrei dimostrato di non avere rispetto per chi ci sarebbe entrato dopo di me.

Alla base di una squadra di valore c’è il rispetto. Il rispetto delle persone fra di loro, nessuno ha più diritti o meno doveri degli altri. In una squadra di valore, tutti sono uguali nei diritti e nei doveri, in una squadra di valore le differenze sono nelle capacità, nei ruoli, nelle responsabilità e nei poteri. Non nei diritti e nei doveri. Tenere il bagno pulito è una chiara evidenza che c’è rispetto nella squadra. Se c’è rispetto tra le persone all’interno dell’azienda, ci sarà anche per quelle fuori, per i fornitori e per i clienti e si creeranno relazioni sane e durature. Elemento fondamentale alla base del successo di un’azienda.

Essere Esempio: se chiedo qualcosa agli altri, devo essere io il primo ad essere disposto a farla. L’esempio più forte si da nelle cose più umili, faticose e fastidiose. In quelle il leader fa vedere che veramente i diritti e i doveri sono uguali per tutta la squadra. Il leader deve essere il primo a sacrificarsi per il bene di tutti, per il bene della squadra.

Uguale fra gli uguali: Io non ero diverso dai miei collaboratori, avevo solo un ruolo diverso, con responsabilità e poteri diversi, e mia prima responsabilità era il benessere dei miei collaboratori. Se fossi uscito lasciando il bagno sporco non avrei dimostrato di tenere al loro benessere, di prendermi cura di loro.

Essere leader non vuol dire dover lavare i bagni del proprio ufficio, vuol dire avere rispetto per le persone e prendersi cura del loro benessere.

Come sono i bagno del tuo ufficio? Li hai mai puliti?

Non sono l’unico che la pensa così…

“Il vero successo in azienda comincia pulendo il bagno”

La differenza non è la difficoltà della sfida ma è il valore della squadra

Sono una persona normale, nella media. Non sono un genio, un visionario o una persona che da sola sa fare la differenza. Sono una persona come tante altre, forse con solo un pò più di consapevolezza dell’importanza dell’avere vicino persone positive, con la voglia di fare e soprattutto di collaborare. Persone oneste, umili e che condividono il mio stesso obiettivo, i miei stessi valori. Persone che le cose non le fanno solo per i soldi ma le fanno soprattutto per la soddisfazione di creare cose di valore per gli altri e per loro. Persone che in quel fare trovano la loro realizzazione.

Ho guidato per molti anni un’azienda, abbiamo affrontato tanti problemi e sfide. Non sempre abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo posti, alcune volte abbiamo commesso errori, ma alla fine siamo sempre riusciti a raggiungere il nostro scopo. Portare un beneficio alle persone. Ai nostri clienti e a noi. Questo è stato il motivo del nostro successo. Eravamo una squadra di valore.

Per far succedere le cose, per raggiungere i nostro obiettivi, la differenza non è la difficoltà delle sfide, la differenza è il valore della nostra squadra, e il valore della squadra non è la capacità dei singoli, il valore della squadra è la capacità di collaborare per lo stesso obiettivo.

Eppure passiamo le nostre giornate a definire processi, a recuperare risorse, a pianificare e controllare. A guardare report e numeri. Quando invece dovremmo investire il nostro tempo a coltivare e valorizzare la nostra squadra. A dedicare tempo ai nostri collaboratori, a migliorare la nostra capacità di leadership e guida. A creare uno spirito di collaborazione e non di competizione.

Considerate le persone come la cosa più importate della vostra azienda, della vostra vita!

Grazie Vita! Ti Amo Vita!

L’importanza dell’ambiente (inteso come le persone che frequentiamo)

Nella diretta su Instagram di questa mattina, oltre ad aver parlato della mia lavastoviglie che perde acqua, ho parlato dell’importanza degli ambienti/contesti nelle vita.

Per far capire l’influenza dell’ambiente in cui viviamo dico spesso: “quando uno italiano va in Svizzera rispetta i limiti di velocità e quando uno svizzero viene in Italia non rispetta i limiti di velocità”. È così, grazie ai nostri neuroni a specchio ci è naturale allinearci all’ambiente che ci circonda, soprattutto in riferimento a cosa fanno gli altri. Quello che i nostri neuroni a specchio specchiano è proprio il comportamento degli altri esseri umani che in quel contesto/ambiente consideriamo la normalità.

In questo video/post intendo l’ambiente come l’insieme dei comportamenti e le relazioni delle persone che ci sono vicine, con cui interagiamo all’interno di un determinato contesto della nostra vita. Il primo ambiente è quello della famiglia, poi c’è quello della scuola o del lavoro. C’è quello degli amici e del circolo sportivo. Ma ambiente e contesto è anche il social che frequentiamo. Ultimamente soprattutto i social.

Per la nostra salute fisica e mentale, e soprattutto per la nostra realizzazione è importante prenderci cura degli ambienti in cui viviamo, attraverso il nostro atteggiamento e comportamento e nel caso sia un ambiente tossico, che ci fa stare male, bisogna abbandonarlo se possibile.

L’ambiente influisce tantissimo su di noi, sia in negativo sia in positivo. Se il mio ambiente di lavoro è formato da persone positive, che collaborano, che comunicano in modo aperto, che sono umili, che condividono lo stesso obiettivo di fare qualche cosa di valore, anche davanti ai problemi ci sentiremo energetici e motivati per affrontarli, trasformarli in sfide e superarli.

Quindi ascoltate/vedete il video e soprattutto scegliete gli ambienti in cui Vivere e coltivateli nella collaborazione, aiuto e soprattutto Amore.

Grazie Vita! Ti Amo Vita!

#ambiente #relazioniumane #economiaumanacollaborativa #feliciani #felicisiamo

Il valore e l’utilità della Mentorship

Qualche anno fa Cristian mi ha chiesto di diventare il suo mentor. In tutta sincerità vi confesso che quando ho risposto “si”, sapevo veramente poco di cosa volesse dire “essere un mentor”. Quasi tutte le cose belle della mia vita sono però nate da un “si” inconsapevole. Credo molto nel coraggio di rispondere “si”, soprattutto in un mondo dove la risposta di default è “no”. Credo che il “si” sia il primo passo del cercare di migliorarsi, di mettersi alla prova, di fare nuove esperienze. Credo sia la chiave dell’aprirsi alla vita.

Ho risposto “si” anche perché vedevo in Cristian una persona da cui poter imparare tante cose, una persona coi miei stessi valori ma con un’esperienza di vita diversa. Sono passati più di 3 anni e continuo a pensare la stessa cosa.

Oggi che sono più consapevole di cosa sia la mentorship, sono ancora più convinto e felice di quel “si”. Grazie alla mentorship posso aiutare una persona a capire per crescere  e soprattutto grazie a quella persona posso io stesso capire per crescere. La mentorship è un’attività win-win.

Cos’è la mentorship per me? È un confronto aperto fra due persone che attraverso il racconto si aiutano reciprocamente ad applicare e migliorare il proprio punto di vista. Il mentor racconta la propria storia, le proprie esperienze, quello che forse ha capito da quella storia, da quelle esperienze. Il mentee racconta quello che vorrebbe fare, quale è il suo progetto e quali sono le sue aspettative. Entrambi raccontano il proprio punto di vista, quello da esperto del mentor, strutturato e appesantito da convinzioni e certezze, quello da principiante del mentee, libero e aperto alle innovazioni. Nella mentorship il mentee vuole fare un percorso di vita e chiede aiuto al mentor che ha già fatto quel percorso con successo.

Credo siano necessario e indispensabili da parte di entrambe la capacità di ascolto e di apertura, il rispetto e la fiducia, l’umiltà.

Nel video troverete anche perché confrontarsi sui punti di vista e non sulle ragioni, come organizziamo noi gli incontri e tante altre cose.

Un grazie di cuore a Cristian Ranallo e a Startup Grid Italy che hanno fatto si che si potesse realizzare questo bel momento della mia vita!

Un grazie di cuore ai miei due più gradi mentor, l’ingegner Barbaglia e il signor Tamietto.

Grazie Vita! Ti Amo Vita!

#mentorship #cristianranallo #startupgriditaly #startupgridcuneo #pasdai #feliciani #felicisiamo #capirepercrescere #ilvaloredelconfronto #umilta #mentor

#neusciremo? Si. Come? Dipende da noi.

Non sono d’accordo sull’hashtag #andràtuttobene. Non sono d’accordo perché non stiamo parlando di qualcosa delegato al fato, al caso, su cui non abbiamo la possibilità di intervenire e agire. Su cui non abbiamo parte del controllo. Stiamo parlando di qualche cosa dove il nostro comportamento, il nostro agire può fare la differenza. Nel bene e nel male. Che alla fine è quasi tutto così nella vita.

Credo che l’hashtag corretto sia #neusciremo*. Si, prima o poi la pandemia passerà. Prima o poi ne usciremo*, ma come? Come ne usciremo dipende da come decidiamo di agire adesso, e nei giorni a venire, ognuno nel proprio ruolo e con le proprie responsabilità.

Noi semplici cittadini dobbiamo seguire le regole, tutelandoci e tutelando gli altri il più possibile dal contagio del Covid-19. Tanti, tantissimi lo stanno facendo. Grazie siete l’Italia giusta.

I politici, i leader delle varie istituzioni, tutti coloro che hanno ruoli e responsabilità come guida, tutela e organizzazione su altre persone devono agire collaborando fra loro per trovare la soluzione alle tante sfide di questo momento. Loro non devo cercare le colpe, ma devono cercare le cause. Loro non devono agire per difendere le loro ragioni, ma dialogare e confrontarsi apertamente per arrivare ad avere una visione comune da cui partire per trovare le soluzioni. Loro devono agire per unire le loro capacità, non per tenerle divise. Loro devono agire per diventare squadra.

Come ne usciremo dipende da noi. Dipende da come agiremo.

Tutti dobbiamo agire al meglio e al massimo possibile delle nostre capacità!

Altro si, #andràtuttobene.

Grazie Vita! Ti Amo Vita!

* #neusciremo è un riferirsi alla comunità, niente potrà portare indietro i tanti morti. R.i.P.

#feliciani #felicisiamo #neusciremo #andràtuttobeneseagiremoperilbene #covid19 #amalavitagrazievita

Ho deciso di auto censurarmi, mi ero perso e forse mi sono ritrovato

Lo sapevo, ma mi ero perso. Essere Feliciano è una scelta di fatica, è andare contro il nostro istinto. Essere Feliciano è una lotta anche con il nostro cervello. Una lotto che nelle scorse settimane ho perso. L’istinto e il cervello hanno preso il sopravvento e hanno sconfitto il mio spirito.

Nelle scorse settimane ho concentrato la mia attenzione nel guardare le cose brutte e da li ho tratto le energie negative che mi hanno portato a lamentarmi e a non fare niente di valore per cercare di risolvere queste cose brutte. L’evidenza sono i video e i post che avevo fatto. Evidenziavo chi non rispettava le regole, mi lamentavo di chi non stava in casa e non rispettava la regole.

Mi sono perso dall’essere Feliciano. La seconda regola dei Feiciani dice: “guarda le cose belle, da li prendi le energie positivi e usale per cercare di risolvere le cose brutte, ma soprattutto usa queste energie per sviluppare ed esaltare le belle”.

Se avessi agito da Feliciano, avrei visto le tantissime persone che rimangono in casa, che seguono le regole, che fanno fatica per stare in casa ma seguono le regole. Se avessi agito da Feliciano avrei guardato tutte le persone che ogni giorno lavorano per contenere e risolvere il contagio del Covid-19, e che lo fanno con fatica, sacrificio e dedizione.

Ieri ho capito e forse mi sono ritrovato. Ho cancellato i post e video dei giorni scorsi.

Grazie Vita! Ti Amo Vita!

#feliciani #felicisiamo #iostoacasa #capirepercrescere

Ho sbagliato, è difficile ammetterlo ma la parola d’ordine deve essere fiducia

Ho sbagliato, è difficile ammetterlo. Ogni volta che torno all’errore, il cervello mi propone mille giustificazioni e scuse. Ogni volta cerca di sviarmi da quel piccolo ma profondo e pungente dolore dell’ammettere di aver sbagliato, di essere nel torno.
Sì, ho sbagliato. Sono caduto nel tranello di credermi l’unico nel giusto. Di credermi colui che può giudicare gli altri. Sto parlando dell’uscire di casa. Sto parlando dell’arroganza dei video pubblicati i giorni scorsi, in cui giudicavo e davo per scontato che la maggior parte delle persone che ho visto non avesse un giustificato motivo per uscire. Perché non ho dato fiducia alle persone? Perché non ho pensato che la maggioranza avesse un giustificato motivo per uscire, come ce l’ho io? Sì qualche furbo c’è di sicuro, ma perché non ho pensato che fosse la minoranza? Perché non ho dato fiducia alle persone?
Ho sbagliato, non ho dato fiducia. Racconto e scrive che il grande cambiamento ci sarà quando inizieremo a collaborare e non più a confliggere, ma la collaborazione parte sempre e solo dal dare fiducia. Del partire fidandosi e poi verificare, non il contrario.
Se pensiamo e agiamo come se tutti fossero dei delinquenti, prima o poi anche gli onesti lo diventeranno, perché nel loro agire onestamente si sentiranno i diversi, gli sbagliati, e non vedranno riconosciuto il loro sforzo. Tutti vogliamo, tendiamo ad allinearci a quello che è considerato la normalità. Anche se inizialmente sappiamo che è sbagliato, prima o poi il nostro cervello ci farà credere che se lo fanno tutti allora quella è la cosa giusta. Lo dimostra il fatto che in Italia consideriamo la furbizia un valore e non un difetto.
Se invece agiamo pensando che la grande maggioranza delle persone è onesta e agisce seguendo le regole, nel giusto e nell’onestà, allora a sentirsi gli sbagliati i diversi, saranno i delinquenti. E così deve essere.
Credendoci noi nel giusto e tutti gli altri nel torto non possiamo che alimentare il conflitto e l’astio tra le persone.
Se vogliamo un mondo di collaborazione, dobbiamo partire dal dare fiducia. La grande maggioranza degli Italiani sta seguendo le regole, esce solo per vera necessità, come dicono le indicazioni. Loro sono e devono essere la normalità, il giusto.
Cliccate sotto per vedere il video!!!
Scusate e #stiamoacasa #stiamoincasa #stoincasa #diamofiducia #neusciremo #capirepercrescere
Grazie Vita! Ti Amo Vita!

Grazie a Giobbe, Francesco e alle altre persone speciali dell’Anderlini Network!

Sono nervoso.

Mi succede sempre prima di dover parlare in pubblico. Oggi un pò di più perchè è il mio primo intervento virtuale. Giobbe e Francesco mi hanno invitato a parlare alla bellissima iniziativa Anderlini Network Meeting. Mercoledì ha parlato Mauro Berruto, ex allenatore della Nazionale Italiana di Pallavolo. Quella mitica delle Olimpiadi di Londra. Avevo già visto un suo intervento l’estate scorsa in Grecia, ed è veramente un grande per quello che ha fatto, che dice e per come lo dice. Lo sapete come odio dover parlare dopo persone così speciali e brave. Va bene, non è proprio dopo, ma per gli ospiti, lui è l’ultimo metro di paragone.

L’inizio è fissato, almeno così nella mia testa, per le 19. Verso le 17 inizio la fase di avvicinamento. Cammino per casa pensando a cosa dire, ogni tanto mi siedo alla scrivania per leggere e arricchire lo mappa mentale che ho messo giù ieri. Per ora qualche parola e freccia. Ho sempre avuto il vizio, che non ho ancora perso, di arrivare all’ultimo per finire le cose. Alle 18,25 inizio quella che dovrebbe essere l’ultima camminata per decidere cosa dire, la scaletta per poi scrivere tutto bella mappa che mi guiderà nell’intervento. Qualche passo e mi arriva un messaggio.

Beeeppp. È Giobbe che mi manda il link per collegarmi. Rispondo “ok”. Poi subito il suo “ti attendiamo”…

Qui il dubbio. In che senso “ti attendiamo”? Ma a che ora inizia? Scorro il messaggio col link e “venerdi 3 aprile, ore 18.30”. Noooo.

Sono le 18.28, corro al pc, richiamo il messaggio e clicco sul link. Non si avvia, è lentissimo. No, che figura. Ok, sembra che stia partendo. Ci sono. 18.34.

Francesco mi introduce e ora tocca a me. Parto facile coi ringraziamenti, prendo tempo per far collegare anche i ritardatari. Prendo tempo per cercare di fare il punto mentale. Ok, non ci riesco, mi butto. Come faccio quasi sempre.

All’inizio arranco di brutto. Parlo di quando ero bambino e mi chiedevano che lavoro volevo fare da grande. C’entra poco con l’argomento della squadra, che dovrebbe essere quello di cui parlerò oggi, ma è un inizio rodato. Accelero e arrivo a Lurisia, li mi incarto. Mi sembra di ripetere troppe volte che rispondevo al telefono e facevo le bolle. Sono ancora nella fase ragionata, del pensare a cosa dire. Nel cercare un filo logico che però non trovo. Tutto è poco chiaro, soprattutto per me. Ogni tanto ho dei flash dove mi chiedo cosa sto dicendo, dove non trovo il senso di quello che sto dicendo.

Quelli sono i momenti più brutti, quelli sono i momenti dello smarrimento. Quelli che ci manca un soffio al panico. Al non so più cosa dire, al blocco.

Poi, succede qualche cosa e il pensiero diventa parole e prende il sopravvento. Tutto diventa un flusso che scorre. Non è più un semplice parlare è un ragionare, con me, con gli altri.

Il tempo passa. Il ragionamento corre e diventa ricordi, che diventano immagini, che diventano parole. Che diventano idee, poi concetti e di nuovo ragionamenti. Tutto danza e fluisce fino a esaurirsi.

Mi fermo, guardo l’orologio. Sono passati 35 minuti, da un attimo fa.

Francesco mi ringrazia e chiede se qualcuno ha delle domande. Giobbe rompe il ghiaccio e fa la prima domanda e tutto riparte.

È passata più di un’ora e ci salutiamo, ci ringraziamo. Chiudo la connessione, mi butto sullo schienale e sorrido. Ritrovo il contatto con la realtà, sono sudato, sono fradicio. Non ricordo facesse così caldo.

Continuando a sorridere, mi alzo, vado in bagno e accendo l’acqua.

Sotto la doccia i pensieri accelerano. Lo sapete, sotto la doccia mi succede così. Lì i pensieri fluiscono, corrono. Li i pensieri scorrere come l’acqua bollente sulla mia schiena.

Rivivo, ripenso, rielaboro. Qualcosa non torna.

Ho raccontato che la squadra deve avere un chiaro obiettivo, che deve unire, riunire tutti. Che tutti devono contribuire al raggiungimento di quell’obiettivo, e lo devono fare col raggiungimento del proprio di obiettivi.

Poi mi è stato chiesto come si può stimolare i singoli al raggiungimento dei loro obiettivi. Come riuscire a stimolare e tenere motivate le persone nel tempo, soprattutto quando bisogna stabilire nuovi obiettivi individuali. Ho risposto che serve riportare l’attenzione sull’obiettivo ultimo, quello più grande, quello comune. Che questo deve essere rinnovato e riempito di energia, di stimolo, per poter essere da traino per il raggiungimento dei nuovi obiettivi individuali. Far capire che raggiungere quegli obiettivi è necessario per il raggiungimento dell’obiettivo comune.

Ma qualche cosa non mi torna. Gli obiettivi per essere tali devono essere quantificabili in quantità e in tempo. Quindi come faccio a caricarlo di energia? Non mi torna il mettere insieme energia e numeri. Target ed emozioni. Come faccio ha quantificare l’obiettivo comune senza renderlo sterile dalle emozioni? L’obiettivo comune è il perché facciamo le cose, è lo scopo, il fine ultimo.

L’acqua è diventata gelata. Mi aiuta a pensare, a ragionare.

Forse ho capito. Lo sbaglio è chiamarlo obiettivo comune.

La squadra ha uno scopo, un fine comune. La squadra ha un Perché. Il Perché deve agire insieme, organizzarsi e collaborare. Ogni membro ha poi il proprio obiettivo, quantificabile e misurabile. Un obiettivo che deve contribuire al raggiungimento del Fine comune. Un obiettivo per il fare di ogni membro della squadra al Fine comune.

Sapete che credo che la vita sia un susseguirsi di: scegliere, fare ed emozionarsi. Che dobbiamo scegliere cosa fare per ottenere l’emozione che volgiamo. I Feliciani scelgono di fare le cose che li rende felici.

Il fine, lo scopo, deve essere un qualcosa che ci emoziona. Qualcosa che è un emozione forte, che è energia. L’energia che ci spinge ad agire, a muoverci, a faticare per quel fine. Per quel Perché.

Più l’emozione è forte, più la sentiamo, la viviamo, maggiore è l’energia, e più sarà potente il nostro agire.

Gli obiettivi sono strumenti, sono le tappe del viaggio, verso il fine che è il viaggio stesso.

Guidavo un’azienda che aveva come fine il “far felici le persone con la bontà delle proprie bibite e sane con la qualità della propria acqua”. Quello era il mio Perché. Un Perché che non si esauriva ma anzi si rinnovava ogni giorno. Poi avevo gli obiettivi, i traguardi da raggiungere, che erano quantificabili e misurabili. E quando questi diventavano pesanti, difficili, non più sfide ma problemi, allora tornavo al Perché, all’emozione, alla felicità, al senso di realizzazione nel fare del bene agli altri attraverso il mio lavoro, il mio agire. Il mio fare. Ritrovare l’energia nel sapere che stavo facendo la cosa giusta. Li era la mia fonte più potente per continuare, per andare avanti.

Ieri ad ascoltarmi c’erano dirigenti, allenatore e membri del bellissimo mondo della pallavolo.

Credo che il loro fine, che ieri chiamavo ancora obiettivo comune, debba essere rendere i giocatori, così come tutti gli altri membri della squadra, delle persone migliore grazie al gioco della Pallavolo.

Grazie Giobbe, Francesco e tutte le persone che ieri mi hanno fatto delle domande e ascoltato. Grazie mi avete fatto crescere.

I bambini sono in cucina. Oggi la cena la preparano loro, riso con pollo. L’acqua è diventata gelata, stanno riempire la pentola per far bollire il riso. È meglio che esca.

Grazie Vita! Ti Amo Vita!

#feliciani #felicisiamo #squadra #insiemesiamopiùforti #anderlini #scuoladipallavoloanderlini #anderlininetwork @sdipanderlini @giobbe.7

ps: Sono fermamente convinto che il fine debba passare sempre dal fare del bene agli altri. Perché lì è l’energia più potente. Credo anche che il Vincere una partita sia un obiettivo, non il fine.

Questa è la mappa mentale, finita e abbellita, che avevo preparato per l’intervento.

Squadra